In ordine sparso:
- i vestiti colorati delle donne. Solo a Delhi si vede indosso a qualche ragazza qualcosa di nero, quasi sempre pantaloni o leggins, mai niente di cupo vicino al viso. In un mercato, quando ho cercato del filo per cucire nero per dei pantaloni scuciti... beh, impossibile trovarlo di quel colore-non-colore, e così l'ho preso verde scuro. Presenti invece tutte i colori del mondo.
- il sorriso di saluto di un sarto nel villaggio subito fuori del Roopangarth Fort: non doveva vendermi niente, solo un cenno del capo e un gran sorriso mentre cuciva sulla sua Singer a pedali sul ciglio della bottega
- le risate insieme agli autisti di autorikshaw che mi hanno chiesto una cifra spropositata per andare da un punto all'altro di Delhi, e poi via, con le 60 rupie di ordinanza, come gli "indigeni"
- una bambina del villaggio Bishnois che si è incantata per una ventina di minuti perchè le cantavo in un orecchio piano piano la canzone dei tre porcellini (in italiano)
- gli occhi verdi inaspettati di tanti uomini, donne e bambini
- la colazione una mattina a base di germogli di qualche pianta che non ricordo e di frittelle calde e tanto tè
- i due cani paralizzati che si sono trascinati fino alla mia mano per avere carezze nel campo di Animal Aid
- la brezza tiepida del deserto la sera sulla terrazza della ex dimora del maraja
- la vita in technicolor del Rajasthan
- molto banalmente, i tramonti