Da Roma a Delhi, e poi il Rajastan
Prima, durante, dopo


sabato 10 dicembre 2011

Un treno per Delhi

Ieri è stato l'ultimo giorno del tour, purtroppo abbiamo detto arrivederci al Rajasthan, perchè ci tornerò prima possibile, ho ancora tanti posti da vedere, non basterebbero anni. E così ieri pomeriggio abbiamo preso il treno da Udaipur, un viaggio di circa dodici ore, in vagone letto. Ecco la faccia di una avventrice inglese appena messo piede nel treno:

Jude doesn't like Indians trains. Why?!
io invece me la rido...
Beh, l'impatto non è stato dei più eclatanti. Siamo entrati in un vagone torrido, senza aria condizionata e questo mi stava benissimo visto i colpi di freddo presi ovunque a causa della innata ossessione della ricerca del freddo di tutti i paesi tropicali o subtropicali che ho visitato, ma c'erano dei ventilatori appesi al soffitto, spenti. E soprattutto un corridoio piuttosto angusto con posti a sedere trasformabili in cuccette (mai nome fu più appropriato), il tutto piuttosto claustrofobico.

Corridoio
Ce ne siamo fatti una ragione, il treno non era pieno, solo posti prenotati, anche se durante la notte il via vai di chi scendeva o saliva era continuo. Risultato: forse al massimo un'ora di sonno. Ancora non mi sono ben ripresa. Siamo arrivati alle cinque e mezza in stazione a Delhi, nel pieno del caos di chi partiva e arrivava, e ci siamo divisi, ognuno sul suo taxi, io in direzione del mio b&b prenotato un mesetto fa, presso una signora tedesca che vive qui da 35 anni.
Sono arrivata dunque prestissimo, ho fatto colazione qui da loro e mi sono messa subito a letto. Verso l'ora di pranzo, dopo circa un'ora di attesa di un autorisciò qua fuori, me ne sono andata a fare un giro ad un immenso centro commerciale qui in zona. Volevo vedere un'altra faccia dell'India.

A questo punto concedetemi un po' di retorica. Molti temono l'India, temono le immagini di povertà estrema che potrebbero presentarsi ai loro occhi. Io non ho visto mai, ne' ora ne' in occasione di altri viaggi qui, scene di devastante squallore e miseria. Ho visto invece grandi sorrisi, di persone povere e ospitali, accoglienti, col cuore in mano, come si suole dire. Siamo proprio sicuri che gli indiani che ho visto oggi nel centro commerciale, identici in tutto e per tutto ai nostri avventori di posti simili, siano più sereni degli abitanti dei villaggi che ho visto nei giorni scorsi? Che magari camminavano scalzi o con le infradito di plastica, ma in posti tranquilli, senza elettricità dopo il tramonto, con le lampade ad olio e le loro chiacchere davanti alle porte di casa? Non so che dire, è senz'altro retorica, non lo metto in dubbio. Eppure, io non darei per scontato che non
 dovremmo essere noi ad essere visti con raccapriccio, mentre passeggiamo nei nostri mall tra un negozio di Guess, di Zara, di Mango o di Benetton, proprio come ho visto oggi qui. Tutti uguali a noi stessi, in ogni metropoli del mondo, convinti che questo sia il benessere e - forse - la felicità.

Saket Mall
Ma farò felici gli appassionati di centri commerciali sottolineando anche quanto buono fosse il mio pranzo  cinese consumato là dentro, in quel posto infernale. Naturalmente ad un prezzo di circa 4 volte superiore a un gustoso pasto indiano consumato negli altri posti visitati nei giorni scorsi. Ma erano tutti molto felici, o lo sembravano, di sperperare denari, dunque....tutti sulla giostra!

Porridge di riso con tofu e shitake

3 commenti:

  1. tutto il mondo è paese, cara Ariella.In fondo, a parte, i vestiti mono o multicolori il colore della pelle, i turbanti arrotolati o i cappellini all'inglese,le abitudini o il folclore locale, cio' che ci sorprende di piu'ma non dovrebbe, quando mettiamo il naso fuori dai nostri confini,è la sorprendete somiglianza tra noi e gli altri. Lo dimentichiamo che dentro, bianchi, gialli, neri, opachi, siamo uguali sentimenti compresi ??

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  2. Oddio il treno è (quasi) peggio delle FS Italiane... sembra quello di A QUALCUNO PIACE CALDO!!!!

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