Da Roma a Delhi, e poi il Rajastan
Prima, durante, dopo


domenica 25 dicembre 2011

Cose che mi ricordo dell'India

In ordine sparso:

  • i vestiti colorati delle donne. Solo a Delhi si vede indosso a qualche ragazza qualcosa di nero, quasi sempre pantaloni o leggins, mai niente di cupo vicino al viso. In un mercato, quando ho cercato del filo per cucire nero per dei pantaloni scuciti... beh, impossibile trovarlo di quel colore-non-colore, e così l'ho preso verde scuro. Presenti invece tutte i colori del mondo.
  • il sorriso di saluto di un sarto nel villaggio subito fuori del Roopangarth Fort: non doveva vendermi niente, solo un cenno del capo e un gran sorriso mentre cuciva sulla sua Singer a pedali  sul ciglio della bottega
  • le risate insieme agli autisti di autorikshaw che mi hanno chiesto una cifra spropositata per andare da un punto all'altro di Delhi,  e poi via, con le 60 rupie di ordinanza, come gli "indigeni"
  • una bambina del villaggio Bishnois che si è incantata per una ventina di  minuti perchè le cantavo in un orecchio piano piano la canzone dei tre porcellini (in italiano)
  • gli occhi verdi inaspettati di tanti uomini, donne e bambini
  • la colazione una mattina a base di germogli di qualche pianta che non ricordo e di frittelle calde e tanto tè
  • i due cani paralizzati che si sono trascinati fino alla mia mano per avere carezze  nel campo di Animal Aid
  • la brezza tiepida del deserto la sera sulla terrazza della ex dimora del maraja
  • la vita in technicolor del Rajasthan
  • molto banalmente, i tramonti


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